VERCELLI. Pubblicato su L’impegno, rivista dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea.
Nell’ultimo numero della rivista semestrale L’impegno è pubblicato il saggio di Orazio Paggi L’immigrazione al cinema: visioni reali, visioni deformanti. La rivista è edita dall’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea e in quest’ambito ben si inserisce un filone d’indagine su questo aspetto che connota la storia italiana.
Per Paggi lo Stato «ha evidenziato una profonda immaturità, testimoniata da leggi, la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini, indirizzate a frenare il fenomeno piuttosto che a organizzarlo e sistematizzarlo» e così ha «mancato l’occasione della solidarietà».
Un approccio analogo, a suo parere, è stato quello cinematografico: era riuscito a raccontare l’emigrazione italiana all’estero o al Nord, ma con l’immigrazione «emerge la paura della diversità», che non si era palesata come in altri Paesi europei perché finora non ne era stata investita.
Analizza una serie di film, da Pummarò a Terra di mezzo, da Il villaggio di cartone a Vesna va veloce, dove si «procede per semplificazioni». Riconosce la buona volontà dei registi ma non la bontà del risultato, migliore nei documentari, da La nave dolce a Mare chiuso. Ciò che serve è «la forza del documentario nel narrare una tragedia che è sotto gli occhi di tutti» insieme a «uno sguardo nuovo che gli può essere dato da cineasti appartenenti alla seconda generazione di immigrati che hanno vissuto dall’interno e non dall’esterno l’emigrazione ».
Silvia Baratto
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