Dunque: l’8 agosto arriva in Municipio il decreto del 30 luglio (e non è un fulmine a ciel sereno: si sapeva che sarebbe arrivato, il Comune ha partecipato alle conferenze di servizi) del Ministero dello Sviluppo Economico che autorizza la costruzione dell’impianto WMF. L’Amministrazione comunale sa da più di un anno (è previsto dalla legge) che il Consiglio, nella prima seduta, deve pronunciarsi sulla compatibilità urbanistica del decreto. Passa un mese, ma evidentemente sono tutti in ferie e nessuno se ne occupa. Cosa fa il sindaco? Alla prima seduta del Consiglio, il 21 settembre – quando il decreto è sul suo tavolo da un mese e mezzo – trova l’escamotage di “comunicare al Consiglio l’esistenza del decreto” (i consiglieri l’hanno già letto tutti, è anche su internet…) ma non lo fa pronunciare in merito, «in attesa di acquisire nuovi elementi». L’acquisizione di elementi, a quel che è dato sapere, avviene in almeno tre direzioni (ma forse il sagace consulente Pozzi può aggiungerne altre). La prima è la convocazione di parlamentari, di ogni colore – soprattutto di colore diverso da quello dalla maggioranza consiliare – per cercare un aiuto “dall’alto”. E’ un flop epocale: il sindaco ne convoca 44, rispondono in 3 o 4. Avrebbe dovuto essere un incontro riservato, poi gli onorevoli hanno chiesto che fosse pubblico, poi è stato annullato, poi s’è deciso di farli venire in Consiglio comunale. Risultato: non s’è visto nessuno. La seconda via di acquisizione di elementi utili è il parere legale, che la Giunta ha deciso di commissionare “data la complessità della materia e le possibili ricadute del decreto sul territorio”. La delibera di indirizzo è del 14 ottobre (sono già trascorsi due mesi e mezzo…), la determina del funzionario che incarica l’avvocato è del 17 ottobre. La terza via è la riunione convocata ad hoc dal sottosegretario De Vincenti al Ministero dello Sviliuppo Economico per lunedì 4 novembre. Il Consiglio viene nuovamente – e inaspettatamente – convocato per la sera di venerdì 18 ottobre; convocato apposta (c’è solo questo all’ordine del giorno), e vengono invitati anche i parlamentari, «che potranno prender parte alla seduta». Si scopre che – i parlamentari non ci sono (e, viste le premesse, c’era da aspettarselo); – il parere legale non è ancora arrivato (è stato commissionato il giorno prima, l’avvocato non è Speedy Gonzales); – la riunione al Ministero, come è noto, deve ancora svolgersi. Insomma: non c’è un elemento in più rispetto a un mese fa, quando la decisione era stata rinviata. Ma allora perché chiamare il Consiglio a deliberare? Che senso ha? Oltretutto agli atti non c’è neanche una bozza di delibera predisposta dalla maggioranza. Ce n’è un’altra, protocollata il giorno prima dalla Olivero. Che dice più o meno le stesse cose di quella che poi verrà approvata, perché riprende decisioni già assunte dal Consiglio solo pochi mesi fa. Ma siccome l’ha proposta la Olivero… non va bene, a prescindere, e non viene nemmeno inserita all’ordine del giorno. Alla fine l’Amministrazione riesce quindi nell’impresa di approvare a maggioranza – e facendo imbestialire le minoranze – una delibera che, quanto a contenuti, sarebbe potuta passare all’unanimità; e lo fa senza aver ancora acquisito il parere legale commissionato in proposito, e senza essere riuscita a coinvolgere i parlamentari. Risultato: si presenterà al Ministero con un provvedimento già deliberato, avendo così chiuso il procedimento e azzerato il suo già scarso potere contrattuale nei confronti di Sogin e degli altri soggetti. Purtroppo di spiegazioni razionali non ce ne sono più: quos vult deus perdere, dementat prius. Umberto Lorini
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