ROMA. (r.n.) Per il mancato recepimento di una direttiva sulla sicurezza nucleare.
Nel 2013 l’Unione Europea ha aperto l’ennesima procedura di infrazione contro l’Italia: questa volta per il mancato recepimento di una direttiva Euratom in materia di sicurezza nucleare. La lettera di messa in mora nei confronti del nostro Paese è stata decisa il 20 novembre scorso e notificata formalmente al Parlamento dal ministro per le Politiche comunitarie, Enzo Moavero Milanesi.
Nel mirino della Ue l’inerzia del nostro Paese che, entro l’agosto scorso, avrebbe dovuto varare un provvedimento fondamentale per garantire innanzitutto l’istituzione di un’autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione funzionalmente separata da ogni altro organismo, al fine di assicurare l’effettiva indipendenza da ogni influenza indebita dal suo processo decisionale regolatorio. L’Italia, come spesso accade, non è stata in grado di mettersi in regola nei tempi e nulla deporrebbe, se non fosse per il pressing europeo, per una definizione rapida della partita delicatissima che ruota attorno alla sistemazione della scomoda eredità della pure breve esperienza nucleare del nostro Paese.
E’ giunta ormai alla settima revisione in un rimpallo frenetico tra gli uffici dei ministeri interessati, in primis Sviluppo economico e Ambiente, la bozza di provvedimento che dovrebbe fare chiarezza sulle tappe che condurranno l’Italia in tempi più o meno certi ad avere un’autorità di vigilanza. Il primo fondamentale tassello per rendere fattibile il processo di individuazione dell’area che ospiterà il deposito nazionale di rifiuti nucleari, circa 90 mila metri cubi di materiale (in parte spedito negli anni scorsi in Francia e in Inghilterra per il ritrattamento e in parte ancora conservato nelle quattro centrali e nei quattro impianti di trattamento del combustibile costruiti a partire dagli anni ‘60), a cui aggiungere i rifiuti che verranno generati dallo smantellamento degli impianti stessi.
L’Agenzia per la sicurezza nucleare è stata cancellata poco tempo dopo la sua istituzione un paio di anni fa, mentre si era ancora in cerca di una sede dove il consiglio d’amministrazione presieduto da Umberto Veronesi potesse riunirsi. Il nuovo decreto prevede che la nuova autorità nazionale, (almeno nei progetti, si chiamerà Isin) sia non un’agenzia, ma un ispettorato dotato di autonomia regolamentare incardinato presso l’Ispra, l’istituto di ricerca vigilato dal ministero dell’Ambiente. Ma lo schema di decreto, che dopo il monito Ue dovrà necessariamente trovare in tempi rapidi una configurazione definitiva, prevede soprattutto che entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore, venga definito il programma per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi e che vengano inoltre chiariti i limiti temporali per il raggiungimento degli obiettivi della politica nazionale in questo settore compresi i tempi per la realizzazione del deposito nazionale e le misure da adottare nel caso in cui non venga rispettato il cronoprogramma, come più volte è successo nella tormentata esperienza post nucleare italiana.
E ovviamente il Governo Letta dovrà anche definire i costi che sarà necessario affrontare per il programma nazionale, e come si intenderà sostenerli.
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