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Migranti, «piuttosto che lasciar campo libero ai privati… è meglio trovare un accordo tra Comuni e Prefettura»

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Migranti, «piuttosto che lasciar campo libero ai privati… è meglio trovare un accordo tra Comuni e Prefettura»

Incontro al teatro “Viotti” di Fontanetto Po tra l’Amministrazione comunale e la popolazione. Il sindaco Demarchi: occhio, se non aderiamo allo Sprar arrivano le cooperative, comprano le case vuote e allestiscono i Cas.

FONTANETTO PO. Dunque: qualche settimana fa arriva un tizio, in Municipio, e dice al sindaco Claudia Demarchi: sono il rappresentante di una cooperativa, intendo comprare una casa disabitata qui a Fontanetto, ci apro un Cas (Centro di Accoglienza Straordinario) e ci metto una trentina di migranti. Il Comune è d’accordo? La Demarchi risponde: no.
Ma il Comune non può solo dire no: perché se la cooperativa compra l’immobile, si fa affidare i migranti partecipando al bando della Prefettura (mille posti: 700 sono già assegnati, ne restano da collocare 300) e apre il Cas, i migranti arrivano. Come è accaduto a Crescentino, a Saluggia e a Verrua Savoia, dove i sindaci – credendo di scansare il problema – hanno detto al Prefetto «noi di strutture pubbliche per ospitarli non ne abbiamo»… e le strutture le hanno trovate i privati. Così a Crescentino ora i migranti sono decine.
E allora, che fare? Il Ministero dell’Interno, attraverso le Prefetture, propone un patto ai sindaci. In sostanza dice: se voi Comuni aderite allo Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e presentate progetti di accoglienza, noi vi mandiamo pochi migranti, in proporzione alla popolazione residente – tre o quattro ogni mille abitanti – e vi diamo i soldi per gestirli. In cambio vi promettiamo che sul territorio dei vostri Comuni non autorizzeremo nuovi Cas gestiti da cooperative o altri privati. Ci state?
Il sindaco Demarchi ha convocato la popolazione per parlarne, la sera del 1° febbraio al teatro “Viotti”. E ha proposto questo: se Fontanetto si associa ad altri piccoli Comuni della zona – per esempio Palazzolo e Lamporo – e presenta un progetto di adesione allo Sprar, potremo accogliere un ridotto numero di migranti ed evitare l’assalto dei privati alle case vuote (e qui ce ne sono tante) da trasformare in Cas. Che ne dite?
In platea qualcuno era d’accordo, altri no. Qualcuno non ha capito niente (c’era chi temeva i ricongiungimenti familiari, «poi questi fanno venir su anche moglie e figli…»), qualcun altro proponeva di far selezione («prendiamo donne e bambini, o qualche famiglia, non uomini giovani»: come ha fatto il sindaco di Crova, battendo tutti sul tempo), altri ancora sembravano accettare il principio di “riduzione del danno” («eh, se serve per evitare che ce ne mandino qui cinquanta, meglio accordarsi subito su cinque; ma bisogna essere sicuri, metterlo nero su bianco, se no la Prefettura ci frega»). Il sindaco di Palazzolo, Emiliano Guarnieri, ha raccontato cos’è successo qualche anno fa nel suo paese («è arrivata la viceprefetto Attianese con un pullman carico di rifugiati e li ha messi all’ex Opera Pia, senza avvisarci prima»), e ha quindi caldeggiato l’adesione allo Sprar, dove i sindaci – finora bypassati nel rapporto Ministero-cooperative – hanno margini di trattativa con la Prefettura. La capogruppo di minoranza nel Consiglio comunale di Fontanetto, Renata Avvenengo Ducca, ha chiesto delucidazioni («dove li metteremmo? c’è qualche struttura agibile? e concretamente chi li gestirebbe?»), ma su questi punti non c’è ancora nulla di deciso. Il sindaco di Lamporo, Claudio Preti (anch’egli presente alla riunione in Prefettura di qualche giorno fa in cui è stato illustrato lo Sprar) era in platea ma se n’è stato zitto: ne discuterà con i capigruppo di minoranza Marina Depolis e Salvatore Sellaro, anch’essi presenti in platea. «Non si può dire un “no” sterile, bisogna accettare il confronto», ha concluso la Demarchi.
Per presentare un progetto di adesione allo Sprar (ipotesi: una decina di migranti distribuiti tra Fontanetto, Palazzolo e Lamporo) c’è tempo fino a marzo. Intanto, in paese e nei Municipi, si comincia a discuterne. L’unica cosa che non si può fare è dire «noi qui i migranti non li vogliamo», e chiudersi in casa: perché tanto, che piaccia o no, quelli arrivano.

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