Il 26 aprile ricorre il 31° anniversario dell’incidente nucleare di Chernobyl. Nell’occasione, Legambiente e Pro Natura del Vercellese denunciano pubblicamente che il Piano di Emergenza del sito nucleare di Saluggia (a differenza di quelli di Trino e Bosco Marengo) continua a rimanere inspiegabilmente segreto.
Riceviamo e pubblichiamo.
Mercoledì 26 aprile ricorre il trentunesimo anniversario dell’incidente nucleare di Chernobyl, con tutto il suo carico di drammatica sofferenza, che continua tuttora. La storia ci ha lasciato i numeri della tragedia del 1986:
– 530.000 lavoratori detti “liquidatori” mandati ad intervenire nella centrale esplosa;
– 130.000 persone evacuate;
– 6.400.000 persone che vivono nelle zone più contaminate di Ucraina, Russia e Bielorussia;
– 600.000.000 di persone raggiunte dalla contaminazione in tutta Europa.
Ma, proprio per rispetto verso tutti coloro che a causa dell’incidente di Chernobyl sono morti, sono malati o si ammaleranno nei prossimi anni, occorrerebbe chiedersi se quella che molti hanno chiamato “la lezione di Chernobyl” sia servita a qualcosa. Il fatto che nel 2015 l’energia nucleare prodotta al mondo ha rappresentato solo il 4,44% del totale complessivo di energia, quando le fonti rinnovabili hanno raggiunto il 9,57% (cioè circa il doppio!), non è sufficiente per rallegrarsi, perché gli impianti nucleari in funzione e quelli dismessi ma ancora non disattivati sono oltre 500, e più invecchiano e più rappresentano un pericolo per tutti. Anche nel nostro Paese non c’è troppo da rallegrarsi, perché, alla scelta di rinunciare al nucleare fatta dagli Italiani con i referendum popolari del 1987 e del 2011, non ha fatto seguito la disattivazione dei vari impianti, che si sono trasformati in depositi nucleari di se stessi, pur essendo collocati in siti che ormai tutti – a partire dalla comunità scientifica – riconoscono come totalmente inidonei.
Nel Vercellese la situazione è ancor più a rischio, dato che tra Trino e Saluggia ci troviamo ad avere oltre il 96% dei materiali radioattivi presenti in tutto il Paese. Gli impianti di Saluggia in particolare rappresentano – proprio a detta di tutti – una situazione di particolare rischio, stante la quantità di radioattività presente, di cui una consistente parte addirittura in forma liquida, e stanti la estrema vicinanza al fiume Dora Baltea e alle falde acquifere che alimentano i pozzi dell’Acquedotto del Monferrato.
Ma per Saluggia c’e persino ancora un cosa in più di cui preoccuparsi: la segretezza del Piano di Emergenza per il sito nucleare, che non è mai stato reso noto alla popolazione e neppure alla Commissione comunale Ambiente e Nucleare. Norme Europee in vigore da oltre trent’anni prevedono che i Piani di Emergenza nucleare debbano essere resi pubblici e fatti conoscere alle persone che rischiano di essere coinvolte in un eventuale incidente, per far sì che all’occasione le conseguenze siano le minori possibili, ma evidentemente le nostre “Istituzioni preposte” si assumono la responsabilità di non fare così. Questo solo per Saluggia, perché ad esempio:
– il Piano di Emergenza per la centrale di Trino è pubblicato nel sito del rispettivo Comune;
– quello di Bosco Marengo è pubblicato nel sito della Prefettura di Alessandria;
– il Piano nazionale per le ricadute delle centrali estere è pubblicato nel sito della Protezione Civile nazionale.
Legambiente e Pro Natura del Vercellese si chiedono a questo punto se non rimanga che sperare che a Saluggia non debba mai avvenire nessun incidente serio, oppure se questa situazione anomala ed ingiustificata potrebbe essere normalizzata: pensiamoci, almeno in occasione dell’anniversario dell’incidente di Chernobyl.
Legambiente e Pro Natura del Vercellese
[nel fotogramma del documentario Là suta: il triangolo nucleare di Saluggia, tra la Dora e i canali irrigui]
5 Commenti
Prima però di pubblicare certi articoli bisognerebbe conoscere davvero i fatti di Černobyl e l’immensa differenza tra ciò che è successo lì (errore umano quasi voluto in un impianto ad alto rischio con conseguente fusione del nocciolo ed esplosione, nonostante la richiesta di chiudere il reattore a grafite utilizzato) e il contenimento delle scorie nucleari (che non possono in alcun modo possibile provocare esplosioni e quindi rilasci radioattivi del genere). Un incidente del genere è praticamente impossibile, per questo non esistono piani come quelli che servono per chi vive davvero vicino ad un reattore attivo (basti vedere in Francia).. con questo non sto dicendo che sia giusto o sbagliato tenere lì quelle scorie, ma prima di parlare e tentare di provocare psicosi inutili, bisognerebbe andare lì a fare dei campionamenti per vedere il livello di radioattività, poi rifare dei campionamenti a distanza, fino ad arrivare ai centri abitati più vicini per vedere quanto possa variare la radioattività di fondo.. se questa fosse troppo elevata, allora è giusto un piano regolatore ed un intervento.. se questa fosse bassa (o praticamente inesistente) si sappia soltanto che le sigarette liberano una radiazione molto maggiore in confronto (eh sì..perchè non tutti sanno che in realtà le sigarette contengono alcune sostanze che grazie al calore di combustione decadono e liberano radionuclidi.. che finiscono poi nei polmoni)… detto tutto ciò, probabilmente chi leggerà avrà di certo da ridire su alcuni punti, posso soltanto dire a mia difesa di conoscere un bel po’ di fisica nucleare, radioprotezione e funzionamento di impianti nucleari.. chi vuol credere creda.. ciao a tutti!
Un ingegnere nucleare qualsiasi..
Nessuno ha mai pensato di chiedere che a Saluggia si faccia un piano di emergenza idoneo per la centrale di Chernobyl: a Saluggia deve (deve, per legge) essere fatto un piano di emergenza idoneo per gli impianti e i depositi di Saluggia.
Un piano di emergenza non deve tener conto dei livelli di radioattività usualmente presenti intorno agli impianti, ma di quello che può accadere nella peggiore delle situazioni eccezionali che possono verificarsi (esempi: guasti, alluvioni, caduta di aerei, incendi, atti terroristici, azioni militari, ecc. ).
I piani di emergenza sono previsti dalla normativa europea, italiana e regionale, ed è obbligatorio farli conoscere preventivamente alle persone che potrebbero essere coinvolte in una malaugurata situazione di reale emergenza.
Non informando invece preventivamente le persone si aumenta notevolmente il rischio di comportamenti irrazionali e di conseguenti maggiori danni.
I piani di emergenza esistono per tutti i siti nucleari, l’unica differenza è che per il sito di Saluggia il piano non è mai stato reso pubblico.
Nell’articolo però il pericolo dei rifiuti radioattivi è messo alla pari di un incidente nucleare come quello di Černobyl. E questo non è corretto. Si possono anche provocare falsi allarmismi e psicosi.. parlare di nucleare al giorno d’oggi in Italia non è facile e spesso c’è una confusione assurda tra un meltdown ed un semplice contenimento di rifiuti. Il rilascio radioattivo da parte di un’esplosione nucleare come quella di Černobyl è dato dal fatto che il core (che era carico) in pochi istanti ebbe un incremento di potenza che portò ad un innalzamento della temperatura con conseguente rottura dei materiali di contenimento (come già detto, il reattore era riconosciuto da tutte le associazioni nucleari mondiali un impianto rischioso ed insicuro… ma l’est Europa non volle sentire scuse e continuò per la sua strada). La rottura portò al contatto con vapori interni al reattore che portarono all’esplosione e (ovviamente) ad un rilascio di gas radioattivi che poi purtroppo investirono l’Europa. I rifiuti radioattivi sono “SCARICHI”, cioè non riescono a liberare i neutroni necessari alla fissione nucleare, e quelli che vengono liberati NON ATTIVANO le altre scorie perché troppo deboli per portare a fissione. Non è possibile quindi un innalzamento di temperatura che porti alle condizioni di meltdown nucleare, e non esistono condizioni per un incidente nucleare (tipo appunto la fusione del nocciolo o rilascio di una quantità ingente di radiazioni… se ci fosse un eventuale rilascio nel nostro caso, la quantità sarebbe praticamente infinitesima rispetto Černobyl, tanto che non potrebbe mai arrivare minimamente fino alla prima casa abitata..un rilascio del genere non è un incidente nucleare). Spero di esser stato chiaro nella spiegazione (dovrei in realtà approfondire di più il discorso ma è molto complicato, poiché si dovrebbe andare a vedere a livello di fisica nucleare abbastanza spinta). Per quanto riguarda i piani regolatori, chiedo perdono, mi sembrava di averlo scritto. Di base deve esserci un piano (se questo non esistesse, la cosa è molto grave), poi (nel caso questo fosse fallimentare.. la prima dimostrazione del fallimento avviene attraverso semplici campionamenti) serve un piano regolatore alternativo ed un conseguente intervento. Teoricamente quando vengono progettati questi contenimenti, il piano deve esser fatto ASSOLUTAMENTE, ma come ripeto, sarà infinitamente diverso da quello previsto per un impianto nucleare. Spero di esser stato più chiaro.
Per concludere, nel caso ci fosse un evento d’emergenza come quelli citati da lei, ciò che potrebbe liberarsi non è considerato come incidente nucleare. Non per questo i piani devono rimaner nascosti.
egregio FR,
– qui non si sta parlando di Piani Regolatori: si sta parlando di Piani di Emergenza (che sono obbligatori, ma quello per l’impianto nucleare di Saluggia – al contrario di quelli per Trino e Bosco Marengo – non è mai stato reso noto alla popolazione);
– nel sito di Saluggia (che non è una centrale nucleare, ma nel quale è presente il 96% del materiale radioattivo italiano) nel corso degli anni sono avvenuti numerosi incidenti – tecnicamente definiti come tali – che hanno causato contaminazione esterna, anche se – fortunatamente – di lieve entità;
– «parlare di nucleare al giorno d’oggi in Italia non è facile» perché il popolo italiano, con ben due referendum, ha deciso di abbandonare questa tecnologia. quindi si metta il cuore in pace. cordiali saluti.