101 a.C.: l’esercito di Roma sconfigge i Cimbri alle porte di Vercelli.
di Lino Ceretto Castigliano.
Le ipotesi
Molti storici antichi ed altrettanti studiosi moderni affrontarono il problema posto dall’invasione dei Cimbri e dei Teutoni, circa 300.000 uomini, oltre alle donne e ai bambini, che in un primo momento si diressero alla volta della Gallia, poi passarono in Spagna e di qui si misero in cammino verso l’Italia.
Erano queste delle popolazioni germaniche che provenivano dalla penisola dello Jütland (attuale Danimarca) e si muovevano in cerca di terre e di risorse per la loro sopravvivenza; difficilmente riusciamo con la nostra mentalità attuale ad immaginare simili esodi con donne, bambini e anziani, insieme agli indispensabili animali, che dal nord Europa raggiungevano latitudini più basse.
I Teutoni vennero affrontati e sterminati ad Aquae Sextiae (oggi Aix-en-Provence) nel 102 a.C. da Mario e Catulo, mentre i Cimbri, non fermati sui valichi alpini, scesero alla volta della pianura Padana.
Alcuni storici sostengono che il passaggio dei Cimbri avvenne attraverso il Brennero ed identificano il fiume con l’Adige, mentre chi sostiene che l’orda attraversò le Alpi servendosi del valico del Sempione individuano il corso d’acqua nel Toce (Plutarco menziona l’Atosa, poi Toce).
Risulta evidente che la prima ipotesi, quella del Brennero, pare non avere molto credito, perché non c’era motivo di spingersi così ad est, conoscendo l’esistenza di valichi, quali il Monginevro, il Piccolo e Gran San Bernardo, il Sempione. A confermare le tesi dei sostenitori dell’Ossola ci viene in aiuto lo storico latino Velleio Patercolo che narra, per sommi capi, gli episodi più significativi della guerra, specificando che l’anno seguente agli scontri fu fondata la città di Eporedia (Ivrea) a difesa dei valichi alpini occidentali; allo stesso modo Aquileia vegliava, da oltre un secolo, sulle terre orientali.
I testi di storia dicono che lo scontro sia avvenuto ai “Campi Raudii” presso Vercelli nel 101 a.C. e le ipotesi a riguardo si sprecano: ricordiamo Velleio Patercolo, Anneo Floro, Aurelio Vittore, Plutarco e, in tempo a noi più vicini, studiosi e storici come Theodor Mommsen, Ettore Pais, Vincenzo De Vit, Padre Luigi Bruzza, ciascuno dei quali espose le proprie teorie sull’esatto tragitto seguito dall’orda cimbrica.
Non mancano neppure le interpretazioni del vocabolo “Vercellae” che, nella terminologia celtica, indicava un terreno di origine alluvionale ricco di metalli, mentre nella lingua latina si ritiene di far derivare “Vercellae” da “furcillae”, cioè biforcazione di fiumi confluenti (nel caso nostro osserviamo che Vercelli è situata alla confluenza del Cervo e dell’Elvo con il Sesia).
Quanto al termine “Raudus” emergono due interpretazioni: quella di metallo di colore rosso e quella indicante terreno arido coperto di detriti ferrosi o ferrettizzati, il che potrebbe far pensare alla Baraggia, cioè a quella vasta zona che un tempo era semideserta e arida ed ora è parzialmente coltivata a seguito della bonifica.
Coloro che ritengono che lo scontro coi Cimbri avvenne più ad est della pianura Padana adducono a sostegno delle loro tesi il fatto che a Ravenna si fece erigere a Mario una statua e, nella Pharsalia di Lucano si osserva che Rimini «… vide il furore cimbrico».
Di contro esistono varie testimonianze a favore della nostra zona ed in proposito ricordiamo una località detta “Rado” e la sua chiesa, citata in un atto del Vescovo di Vercelli del 7 maggio 999 (cfr. La Madonna di Rado di Vittorio Calligaris) e ancora citata in un Sinodo presieduto dal Cardinal Guido Ferrero, Vescovo di Vercelli (1562-72) in cui si fa cenno alla Madonna di Rado.
Del resto anche il nome Gattinara si ritiene derivi da “Catuli Ara”, poiché il generale che con Mario vinse i Cimbri dopo la battaglia fece erigere, con le spoglie dei vinti, un sacello presso il quale fece solenni sacrifici agli dei.
Inoltre è tradizione che Mario, prima di tornare a Roma, abbia posto il campo nel territorio di Cameriano (a 13 Km da Vercelli ma in provincia di Novara): il nome potrebbe derivare da “Castra Mariana” e l’interpretazione è avvallata sia nei documenti del Vescovo Bescapè (1550) sia da Carlo Dionisotti, l’autore della pregevole opera Memorie storiche della città di Vercelli; non è forse un caso poi osservare che in tale località esista una via Arco Mario.
Inoltre è facile pensare che, se i Cimbri fossero scesi dal Brennero, avrebbero dovuto affrontare popoli bellicosi quali i Sequani, i Vindelici e nel Veneto c’erano le città di Padova, alleata dei Romani, la forte colonia di Aquileia, Piacenza collegata a Roma con la via Emilia, perciò l’area in cui giunsero i Cimbri non poteva essere quella che Plutarco affermava essere “sguarnita d’ogni presidio”.
La battaglia
Passate in rassegna le varie interpretazioni della localizzazione dei Campi Raudii, veniamo a considerare il gigantesco scontro fra l’orda dei barbari e l’esercito romano comandato da Mario e Catulo. Plutarco riferisce che la formazione di battaglia dei Cimbri era un enorme quadrato avente 30 stadi di lato (Km 5,321) appoggiato da 15.000 cavalieri, mentre le forze romane erano divise in tre contingenti: le forze appena giunte da Roma con Mario, i soldati di Catulo ed i legionari giunti da Aquae Sextiae.
Stando a quanto si legge nella grande Storia di Roma di Luigi Pareti (vol. III, p. 475), Catulo dovette congiungersi con le legioni di Mario in quella pianura che Dionisotti e Bruzza ritengono non poter essere che quella compresa fra Gattinara e Vercelli e che comprende i territori di Gattinara, Lenta, Rovasenda, Buronzo e Carisio. È poi da tener presente che nel comprensorio di tali Comuni furono trovate varie monete del tipo barbaro transalpino che mai furono rinvenute in altre parti d’Italia, come si legge ne La zecca di Vercelli di Serafino Ricci.
La data dello scontro è da fissare secondo alcuni al 30 luglio del 101 a.C. e, secondo altri (cfr. Enciclopedia Treccani) nel giugno dello stesso anno.
L’ala sinistra dell’esercito comandata da Mario, appoggiata da un contingente guidato da Silla, poteva contare su squadroni di cavalleria agguerrita e numerosa in cui combattevano anche i Galli desiderosi di vendicarsi delle atrocità subite in passato dai Cimbri stessi; il centro era agli ordini del proconsole Catulo, mentre all’ala destra c’era Manlio Aquilio, che aveva portato in Italia i legionari vittoriosi di Aquae Sextiae.
Dalle fonti (Commentarii di Silla e Vita di Mario) si apprende che la cavalleria cimbrica, anziché attaccare Mario che si trovava di fronte, sfilò davanti al quadrilatero della fanteria propria, per investire l’ala sinistra ritenuta più debole, dando così la possibilità a Mario di avanzare speditamente scompigliando la compagine nemica costretta a dividersi ed indietreggiare.
L’ala destra romana resistette all’impeto della cavalleria cimbrica dando così la possibilità a Mario di aggirare il grosso delle fanterie barbare, facendone strage.
Velleio Patercolo parla di 100.000 perdite da parte barbara mentre Anneo Floro riferisce un numero di 65.000 nemici uccisi e di 35.000 prigionieri che, secondo l’uso dell’epoca, vennero immediatamente venduti “sub hasta” ai mercati di schiavi che seguivano gli eserciti: ogni soldato o gruppo radunava i prigionieri catturati attorno ad una lancia piantata al suolo ed incassava dai mercanti il relativo prezzo di vendita. Dopo la battaglia Catulo si ritira a Gattinara (in dialetto “Catinera”) e Mario a Cameriano, come già ricordato in precedenza.
In quanto a Silla, occorre ricordare che nel corso della battaglia protesse validamente l’ala destra romana attaccata dalla cavalleria cimbrica, e dopo lo scontro inviò viveri tanto a gli uomini di Mario che a quelli di Catulo.
Ritrovamenti
Reperti legati alla battaglia furono trovati a Gattinara (cfr. Il luogo di Gattinara di don Gerolamo Mollia) e lo stesso riporta Padre Giuseppe Antonio Frova citando le scoperte, a fine ‘700, di “armi antiche, sepolcri, parti di corazze ed elmi” presso il suo convento di Gattinara.
Ermanno Ferrero (vol. 31 degli “Atti dell’Accademia delle Scienze” di Torino) informa che, presso Romagnano, si trovò un gruzzolo di monete d’argento del tempo in cui Silla teneva in quella zona il suo corpo di riserva e la stessa notizia è riportata da Arnaldo Colombo in Rovasenda.
È stata anche azzardata la possibilità che la parlata, ricca di vocaboli tedeschi, dell’alta Valsesia fosse dovuta alla permanenza dei barbari fuggiaschi colà rifugiatisi dopo la sconfitta dei “Campi Raudii”, ma tale ipotesi risulta in contrasto sia col fatto che la Valsesia era già a quel tempo abitata dai Liguri, sia con la storia walser.
La tradizione valsesiana (AA.VV., Storia della Valsesia, vol. I) spiega lo stemma della valle, rappresentante un’aquila con le ali aperte e lo sguardo fisso al sole, come derivante dal fatto che i barbari fuggiaschi su quei monti dopo la sconfitta subita furono restituiti a Mario; a sua volta, il console donò ai valligiani un’aquila romana che formava l’insegna delle legioni: allo stemma araldico venne aggiunta la scritta “semper eadem nec mutor in fide” a ricordare la lealtà e la fedeltà valsesiana.
Da altre fonti, che affondano le loro radici in leggende locali non confortate da documenti, veniamo a sapere che i Cimbri uccisi in battaglia furono 150.000, compresi i due capi Claudico e Cesorige e i pochi scampati cercarono rifugio in Svizzera; si narra poi che le donne barbare, visti morire i loro uomini – per non cadere in mano nemica – uccisero se stesse e i loro figli. A Roma, in Campo Marzio fu costruito, a ricordo della vittoria, il tempio alla Fortuna ed i resti di quello splendido edificio sono stati identificati col tempio circolare ancora visibile nell’area sacra di Largo Argentina.
2 Commenti
La toponomastica. La battaglia fra Cimbri e Romani si svolse interamente in territorio mantovano. Lo conferma la toponomastiche che ricorda i cimbri e i personaggi che vi parteciparono.
La località CIMBRIOLO, il castrum Lugius( re dei Cimbri), il castrum Mariiano( Console Mario), la località Bodriaco ( da Boiorix), il luogo attraversato dalla via Postumia, a sinistra del Po e a poche miglia l’Esercito romano alla destra del Po. La località Verzellotto ( da vercelle-verzelle) i CAMPI RAUDI (odierna RODIGO
Raudigium,)…….NON POSSONO ESSERCI DUBBI. QUI LA TOPONOMASTICA ATTESTA LA VALIDITA’ DELLA IPOTESI ( che è quella più fedele alle notizie antiche).
La toponomastica funziona. Dovrebbero funzionare però anche i ritrovamenti archeologici. Anche nell’area nord orientale del Piemonte sono presenti toponimi che rimandano a quell’evento, eppure recentemente le ultime ricerche portano a Pollenzo (CN). Cimbro è presente in provincia di Varese, Rado in provincia di Vercelli. Qui è inutile far discussioni senza nulla di materiale in mano