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I gattini, le tette di Belen e le giostre di Crescentino

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I gattini, le tette di Belen e le giostre di Crescentino

Le aspettative dei lettori dei siti di informazione, il servizio pubblico, i problemi reali, le stronzate, e i giornalisti in mezzo

Qualche tempo fa un gruppo di studenti universitari è andato a intervistare Luca Sofri, che oltre ad essere direttore de Il Post, un sito internet di informazione e approfondimento (che a me piace abbastanza, ma chi se ne frega), è anche uno molto attento alle cose che succedono nel giornalismo di carta e online, e a come le notizie – e le non-notizie – vengono trattate.
L’intervista, inevitabilmente, è presto andata a parare sul problema epocale su cui tutti, in questo settore – editori, direttori, giornalisti, pubblicitari, dal New York Times all’Eco di Pizzighettone – stiamo battendo la testa: l’informazione di qualità e la sua sostenibilità economica. Le associazioni di editori di tutto il mondo ne stanno discutendo (ne stanno litigando, per ora) con i dirigenti di Google e Facebook, che sfruttano le notizie facendo un sacco di soldi ma sono restii a condividere gli utili con chi le notizie le trova e le scrive. La Stampa, un paio di mesi fa, proprio su questo enorme tema ha organizzato a Torino un seminario invitando alcuni dei maggiori players mondiali dell’informazione (in disaccordo tra di loro, per molti aspetti, ché nessuno ha ancora trovato la formula magica; chi è interessato a cosa hanno detto lo trova qui: http://www.lastampa.it/speciali/150-anni/the-future-of-newspapers).

Torniamo a Sofri, però. Che agli studenti ha detto una cosa più o meno così: «I prodotti dell’informazione sono prodotti abbastanza particolari. Tutti i prodotti commerciali dell’informazione, come sono i giornali o qualunque tipo di prodotto informazione, si pongono in un punto qualunque tra due estremi che sono: la sua sostenibilità economica e la sua qualità in termini di servizio pubblico. Anche se fai il gommista stai più attento al fatto che l’azienda stia in piedi, però lo stesso gommista sta facendo un lavoro che, immagina, migliori le vite di tutti quanti, se lui fa le gomme bene. […] Nel caso dell’informazione, è un mercato abbastanza particolare perché gli attribuiamo, per sua natura, un valore di servizio pubblico maggiore. Ed ha senso attribuirglielo, perché è indiscutibile che una cosa che noi riteniamo un valore prioritario come il funzionamento delle democrazie ha bisogno di un corretto sistema dell’informazione che lo sostenga, mentre non avrà bisogno di un corretto sistema di gommisti che lo sostenga. Se i gommisti sono tutti incapaci avremo delle società che avranno difficoltà a spostarsi e a spostare i mezzi e i tir ma non avremo delle società, diciamo, “a rischio”. […] Di conseguenza siamo abituati ad avere delle richieste ed aspettative molto più alte rispetto alla qualità del servizio da parte del mondo dell’informazione. Così alte addirittura che sono delle aspettative che rimangono inalterate anche quando il prodotto-informazione è gratuito, come l’informazione online. Trovate un sacco di gente ogni giorno su internet che si incazza con i siti di news che hanno scritto questa o quell’altra cosa. Nessuno si incazzerebbe se là fuori qualcuno regalasse delle caramelle non particolarmente buone : le regali, non le prendi, che vuoi? […] Quindi, quando il responsabile del sito del Corriere della Sera, a me che gli rompo le palle sempre, mi dice: “Ok, hai ragione, c’è il boxino morboso e tutte quelle stronzate del genere. Tu lo sai che con quelle stronzate lì ci tengo in piedi tutto il sito, se no il sito chiuderebbe?”. […] Poi, ovviamente, tutto ha delle complicazioni e dei contesti, ma se vogliamo giudicare le cose dobbiamo farlo in base alla coerenza con quelle che sono le aspettative degli utenti, aspettative che tu coltivi e annunci».

Ora: perché, in una domenica di fine agosto, tiro fuori ‘sta cosa? Lo faccio perché qualche giorno fa, sul sito de la Gazzetta, abbiamo pubblicato un articolo su un argomento che francamente non credo sposti i destini del mondo, e nemmeno quelli di Crescentino: il resoconto di un dibattito online sulla festa della Madonna del Palazzo, su come è stata organizzata e su come ne hanno parlato alcuni sedicenti opinion leaders locali. Ebbene: poco fa ho aperto Facebook e ho visto questo:

schermata calcinculo

Insomma: lo hanno letto tremila persone (e il contatore è ancora lì che gira). Da aggiungere a quelle che sono andate a leggerlo (e a commentarlo) sulla pagina fb “Sei di Crescentino se…” o sui profili di alcuni che l’hanno condiviso, più quelle che l’hanno letto andando direttamente su lagazzetta.info.
Ora: negli ultimi dieci anni, su Crescentino e su vicende crescentinesi, la Gazzetta ha scritto moltissimo. Soprattutto su questioni industriali, occupazionali e ambientali (esempio: IBP e CH4), sui problemi dell’agricoltura, sulla crisi del commercio, sulla vita amministrativa locale. Quel che si dice – nel resto d’Italia, e del mondo – «fare servizio pubblico», quel che serve sapere per essere cittadini sufficientemente informati. Abbiamo fornito dati, abbiamo aperto discussioni, i riscontri li abbiamo avuti, ma sempre e solo dalle solite 4-500 persone: come se a Crescentino tutti gli altri (che sono migliaia) dormissero, o se ne disinteressassero completamente.
Poi, ad agosto 2017, buttiamo lì un pezzo – scritto bene? scritto male? chissà – sulle giostre e sul ballo a palchetto e sul flop della festa, e vengono a leggerlo in tremila: che praticamente – tolti i bambini in età prescolare, gli analfabeti e quelli che non hanno o non sanno usare un pc – è tutta la popolazione di Crescentino. Compresi quelli che provano a commentare ma hanno litigato con grammatica e ortografia e fanno fatica a comporre una frase di senso compiuto, anche solo per insultare il giornalista di cui hanno appena letto – gratis – l’articolo.
E allora uno capisce perché sul sito del Corriere della Sera (ma anche di Repubblica, de il Giornale, ecc.) mettono in home page i gattini, le tette di Belen, i video amatoriali degli scherzi, i selfie delle fashion blogger, eccetera: perché – come dice il responsabile del sito del Corriere a Sofri – «tu lo sai che con quelle stronzate lì ci tengo in piedi tutto il sito, se no il sito chiuderebbe?».
Ecco: e allora, siccome la ggente cerca questo, avanti con le stronzate. Puoi anche fare il giornalismo d’inchiesta come al Boston Globe, puoi anche sollevare un nuovo Watergate, e credere – ri-cito il suddetto Sofri – che le democrazie funzionino bene se c’è un corretto sistema di informazione a sostenerle, ma siccome quel che conta è il numero di clic, di likes e di visualizzazioni, se vuoi stare nella top ten metti la foto delle ciabatte di Chiara Ferragni o quella del tenero panda neonato allo zoo; e se vuoi farti leggere a Crescentino… pubblica il pezzo sul mercatino e il calcinculo, che lì è una roba che tira. Nell’era di internet, e dell’informazione su internet, probabilmente hanno sempre più ragione quei milioni di mosche del famoso detto.

Umberto Lorini
direttore@lagazzetta.info

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