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CRESCENTINO: Ricordo di Joseph Steiner: a Crescentino una luce negli anni oscuri della seconda guerra mondiale

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CRESCENTINO: Ricordo di Joseph Steiner: a Crescentino una luce negli anni oscuri della seconda guerra mondiale

CRESCENTINO. Si adoperò in varie occasioni per la liberazione di ostaggi trattenuti dai fascisti e dai tedeschi.

La nostra comunità settant’anni fa fu toccata da rastrellamenti, rappresaglie e incendi. Ospitava 1400 sfollati, subiva il coprifuoco e il razionamento dei generi alimentari di prima necessità. In ogni famiglia c’era qualcuno che era di leva o renitente (soggetto a pena di morte qualora non si presentasse alla Repubblica Sociale), deportato o prigioniero. Due date principali segnarono Crescentino, l’8 settembre e il 19 settembre del 1944, in cui subì la violenza nazifascista. Nella prima giornata, avvenne l’eccidio dei Nove Martiri sul piazzale della stazione, da parte di un reparto della polizia tedesca e di SS italiane. Ricordiamo, in ordine di età, i loro nomi: Enrico Marsili, Michele Schiavello, Ettore Graziano, Eugenio Lento, Giacomo Petazzi, Giovanni Pigino, Edoardo Castagnone, Giuseppe Arena e Mario Rondano. Nella seconda, fu messa a ferro e fuoco da parte di reparti della Flak (una divisione aeronautica militare tedesca). Morirono due civili, Giovani Mezzano e Francesco Roveda, furono bruciate più di settanta case del centro storico e vennero rastrellati 200 ostaggi. Incalcolabili i danni.

Chi non perse la testa in quei terribili momenti, mentre le autorità comunali erano latitanti, e si impegnò con fermezza d’animo fu Joseph Steiner (1885-1970). Era un tedesco, ma si schierò dalla parte dei crescentinesi, mentre avrebbe potuto arricchirsi e trarre vantaggi al servizio degli occupanti.

Chi era quella persona gentile e sorridente, come lo ricorda ancora oggi chi lo aveva conosciuto?
Un “eroe silenzioso” che mai, nel dopoguerra, si vantò di quello che aveva fatto.

Steiner era nato a Pleyotein (Baviera), rappresentante di attrezzi per falegnameria, aveva sposato Maria Chiò, crescentinese, ed era divenuto cittadino italiano nel 1928. Era residente a Torino, poi dopo i grandi bombardamenti sulla città, era sfollato a Crescentino, dove abitò fino alla morte, avvenuta nel 1970.

Così il sindaco Guido Casale, il 22 agosto 1945, aveva delineato la sua personalità e, poi, alcuni episodi che lo videro coinvolto. «Valendosi della sua perfetta conoscenza della lingua tedesca si adoprò in varie occasioni, con tutte le sue forze, per la liberazione di numerose persone trattenute quali ostaggi ed incarcerate dai repubblicani e dai tedeschi, esplicando in ogni contingenza la massima attività possibile, sottoponendosi a disagi ed a pericoli talvolta molto gravi, destando con la sua opera, sorretta da molto coraggio e da grande abilità dialettica, congiunta al massimo disinteresse, l’ammirazione di questa popolazione».

Aveva scritto questa dichiarazione per l’Ufficio stralcio del Comitato militare di Torino affinché Steiner ottenesse il titolo di collaboratore civile. Oggi, la si può leggere tra i materiali dell’Archivio storico. Queste le più importanti circostanze che lo videro impegnato. A fine agosto 1944, la Brigata nera “Bruno Ponzecchi” aveva catturato 35 (o 37) civili, che vennero portati nelle carceri di Vercelli; dieci destinati alla fucilazione. Steiner fece parte di una commissione, con il parroco di Sulpiano Don Giovanni Balossino, al fine di trattare la loro liberazione. Riuscì a concordare uno scambio con il comandante della Polizia militare di Vercelli. Ma solo venti sarebbero stati rilasciati in cambio di un colonnello tedesco e del suo autista italiano, precedentemente catturati. Lo scambio doveva avvenire alle 13 dell’8 settembre ‘44.

Nella notte fu effettuata un’azione partigiana da parte della Divisione Monferrato che portò alla morte di un soldato tedesco e al ferimento di un altro. I due erano di stanza in una cascina nei pressi della stazione ferroviaria, incaricati di custodire fieno e vitelli, razziati dai contadini della zona, in partenza per la Germania. Al mattino alle 8.45 circa, dopo una notte di rastrellamento, ci fu la rappresaglia: dieci civili contro un tedesco ucciso. Steiner salvò dalla fucilazione Giuseppe Borgondo, ferito di guerra (campagna di Russia), perciò i caduti furono nove. Undici giorni dopo, durante l’incendio di Crescentino, egli in compagnia del viceparroco Mario Casalvolone intavolò subito e con successo trattative tra tedeschi e partigiani. Oltre cento ostaggi crescentinesi furono liberati in cambio di militi nazifascisti arrestati dai patrioti. 44 civili furono mandati a Torino per essere deportati e altri a Vercelli. Allora, incominciò una mediazione serrata con Don Casalvolone tra comandi nazisti e partigiani che durò fino al 20 ottobre e richiese energie e intelligenza. Tutti furono liberati, anche se pagando un riscatto, ma nessuno fu mandato in Germania o fucilato.

Joseph Steiner si impegnò anche a Verrua Savoia durante il grande rastrellamento di metà novembre, salvando case e persone. Ancora, andò a discutere nelle carceri per altri dieci giovani crescentinesi catturati in varie spedizioni nazifasciste, che si susseguirono fino alla Liberazione. Di nuovo, in prima persona, il 1° marzo 1945, dopo un attacco partigiano e la morte di Leandro Godino, fece in modo di impedire un’azione punitiva nei confronti della città.

Si comprende così che Joseph Steiner fu un tedesco fuori dalla “zona grigia”. Utilizzando questa definizione di Primo Levi (da I sommersi e i salvati), indichiamo chi non prende posizione e sta tra vittime e oppressori senza far nulla, approfittando di ogni occasione per migliorare solo la propria sorte e conservare il privilegio. Invece, egli fu una persona che scelse dove stare e si impegnò per gli abitanti del piccolo centro del vercellese che lo aveva adottato.

Per concludere riportiamo le parole di Steiner, rilasciate agli Alleati il 15 aprile 1946, che indagavano sulle stragi nazifasciste in Italia. Ci fanno capire che fu un organizzatore, lavorò con passione civile e caparbietà.

«I tedeschi lasciarono Crescentino quella stessa mattina dell’8 settembre. Avevano ordinato che i corpi dei Nove fucilati non venissero rimossi per 48 ore. Telefonai al comando del capitano Hartmann a Vercelli, che dopo aver parlato con qualcuno e dopo un po’ di tempo, mi accordò il permesso di rimuovere i corpi dopo 24 ore; i parenti li portarono nelle loro case e vennero sepolti al Cimitero il 9 settembre alle ore 16». Un atto di pietà, condiviso da tutta la popolazione che partecipò in massa ai funerali.

* * *

Nelle tenebre della guerra ha brillato una luce, quella di Steiner: un uomo comune che cercò di fare sempre qualcosa rischiando la propria vita. La sua vicenda umana non può andare dispersa; andrebbe portata ad esempio. Dimostra che anche nelle situazioni peggiori l’essere umano può fare una scelta, una scelta alternativa al terrore imposto. Al giornalista Enrico Deaglio, che lo aveva intervistato domandandogli il motivo che l’aveva spinto a compiere azioni straordinarie, Giorgio Perlasca (un Giusto tra le nazioni) aveva risposto così: «Lei, che cosa avrebbe fatto al mio posto?». E lo stesso (forse) ci avrebbe detto Joseph Steiner.

Marilena Vittone

Nella foto: La tomba di famiglia al cimitero.

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