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CRESCENTINO: La IBP chiede di alzare i limiti delle emissioni

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Nella foto: una veduta dell’impianto di Crescentino.

CRESCENTINO. (u.l.) Presentata alla Provincia una nuova domanda di autorizzazione per l’impianto di produzione di energia elettrica. L’istanza prevede anche altri tipi di combustibili, “sottoprodotti” della ra nazione dell’etanolo.

Gli impianti della IBP-Mossi & Ghisolfinell’area ex Teksid di Strada del Ghiaro – sì, perché gli impianti sono due: quello di estrazione dell’etanolo e quello di produzione di energia elettrica da combustione di lignina – funzionano da mesi: autorizzati dalla Provincia fra il 2011 e il 2013, hanno prodotto finora un po’ di etanolo e tanta energia. Ma alla fine del febbraio scorso la IBP ha scritto alla Provincia (e all’Arpa, al Comune di Crescentino e all’Asl To4) per chiedere il «rilascio dell’autorizzazione unica». L’azienda intende infatti «procedere con un Miglioramento Tecnologico ed Ambientale in Armonizzazione con le previsioni del Decreto MiSe del 9 ottobre 2013»: proprio quel decreto firmato dall’allora ministro dello sviluppo economico Zanonato (e dal suo collega all’ambiente, Orlando) subito dopo la gran giornata di inaugurazione dello stabilimento crescentinese, e che prevede «procedure autorizzative con tempistica accelerata ed adempimenti semplificati» per questo tipo di impianti.

Ci si chiede: ma se l’impianto di Crescentino era già stato autorizzato, perché ora la IBP chiede un’altra autorizzazione, «armonizzata » con questo Decreto? E la chiede non per l’impianto di estrazione di etanolo, ma per quello che “brucia” per produrre energia elettrica?

La risposta sta nella relazione allegata da IBP alla nuova istanza. Messo in funzione a metà del dicembre 2012, per tutto il 2013 e per i primi mesi di quest’anno l’impianto – alimentato prima solo a cippato, e poi con un misto cippato-lignina – ha dato grossi problemi, «relativi alla difficoltà di mantenere una regolare combustione », con frequenti e notevoli superamenti dei limiti emissivi fissati dall’autorizzazione.

Dal luglio 2013, inoltre, è stato messo in funzione anche l’impianto di produzione di bioetanolo. Una difficile messa a regime, con alternanza di periodi di funzionamento ad altri di fermata per modifiche ed aggiustamenti, e anche qui con frequenti e notevoli superamenti dei limiti emissivi.

Cosa chiede, allora, IBP? Chiede – per l’impianto di produzione di energia elettrica – «la definizione di un periodo transitorio per l’avvio definitivo dell’impianto»: un periodo di 1 anno e che «possa essere caratterizzato da limiti emissivi superiori del 30%» a quelli fissati per la successiva fase.

E chiede, per l’impianto di produzione di etanolo, un periodo molto più lungo dei 30 giorni fissati dall’autorizzazione: «essendo la prima applicazione a livello mondiale della tecnologia Proesa su scala industriale » («tecnologie assolutamente innovative e prime a livello mondiale»), «l’impianto necessita di un periodo decisamente più lungo» per la sua messa a punto. Quanto più lungo? Un anno. E anche qui con limiti emissivi superiori del 30% a quelli fissati».

IBP, in sostanza, contesta le modalità con cui sono stati fissati i limiti emissivi per l’impianto di Crescentino: limiti che l’azienda ha sempre ritenuto troppo bassi. «Nell’ambito della procedura autorizzativa – sostiene IBP – non è mai stata avviata dall’autorità competente la fase concertativa per la fissazione dei limiti emissivi». Anziché “mettersi d’accordo” con l’azienda, l’autorità competente ha «imposto i limiti in modo unilaterale, malgrado la evidente impossibilità di definire in modo certo le prestazioni emissive dell’impianto a causa dell’assoluta innovatività della tecnologia proposta». E oltretutto «i limiti imposti si configurano più restrittivi sia in considerazione dei limiti nazionali ed europei ma anche regionali »: seguono paginate di tabelle atte a dimostrare come «i limiti imposti all’impianto di Crescentino risultino sicuramente di grande severità».

IBP chiede quindi di «fissare un ampio periodo di messa a regime» (evidentemente tutti questi mesi già trascorsi non le sono stati sufficienti) e «stabilire che i limiti reali e finali sarebbero stati fissati al termine di tale periodo sulla base di una analisi effettuata in modo congiunto». Insomma: prima vediamo quanto fuma, e poi in base a quei valori di emissioni fissiamo i limiti. Perché quelli attuali sono troppo bassi.

IBP chiede inoltre, per l’impianto di produzione di energia elettrica (che inizialmente avrebbe dovuto bruciare solo la lignina proveniente dall’altro impianto, quello dell’etanolo), l’utilizzo di altri combustibili oltre all’Arundo Donax, il cippato di pioppo e il cippato di cascami lignocellulosici: le novità sono coprodotti liquidi e solidi derivanti dai cicli produttivi. Si tratta di «coprodotto liquido combustibile ad alto contenuto di solidi organici dell’impianto bioetanolo », di «residui biologici derivanti dalla stabilizzazione aerobica delle sostanze organiche non convertibili in etanolo » e «frazioni di biomassa che non hanno completato il processo di conversione ad etanolo». Basta che brucino e vanno bene.

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