VERCELLI. (r.g.) La Procura vercellese contesta a Roberto Rosso e agli amministratori della società l’uso dei fondi pubblici. Dopo la requisitoria del Pm gli avvocati difensori degli imputati stanno concludendo le arringhe.
Si è conclusa ieri, martedì 28, al Tribunale di Vercelli la requisitoria del processo “Terre d’Acqua” sull’uso dei fondi pubblici da parte della società ideata dall’ex parlamentare trinese Roberto Rosso. Secondo la Procura, che ha indagato sui fondi stanziati dalla Provincia di Vercelli e dal Comune di Trino a “Terre d’Acqua, una parte dei «risparmi» sulle gare di appalto – in totale 70 mila euro – sarebbero stati utilizzati in maniera irregolare, avvantaggiando l’attività politica di Rosso, “dominus” della società (poi trasformata in Fondazione).
Per Rosso, accusato di peculato e associazione a delinquere, il pubblico ministero Pier Luigi Pianta ha chiesto la condanna a 4 anni e 6 mesi di carcere. Sarebbe stato proprio lui, secondo l’accusa, a indurre gli amministratori di Provincia e Comune di Trino (i due azionisti della Fondazione) ad assecondare le richieste di finanziamento. Per l’ex assessore trinese Alessandro Giolito e per Nicola Sirchia (assessore a Casale Monferrato e consigliere provinciale) la pena richiesta è di quattro anni; per Gianfranco Chessa (ex direttore provinciale della provincia) e Roberto Saviolo (ex assessore provinciale) tre anni e sei mesi, per l’ex sindaco di Trino Giovanni Ravasenga la pena richiesta è di tre anni, per tino Candeli due anni e un mese e per Cinzia Joris due anni.
La parola è poi passata ai difensori: l’avvocato Roberto Rossi per Candeli, Giovanni Fontana per Joris e Francesco Picco per Ravasenga; le arringhe proseguiranno fino a venerdì, giorno in cui è prevista la sentenza.
Nella foto: Il Tribunale di Vercelli
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