TRINO. (s.b.) Il primo conservatore Ferrarotti ha fatto il punto sulla situazione economica. Si voterà sull’auto finanziamento e sulla modifica statutaria della successione femminile.
La Partecipanza si è riunita in assemblea domenica 16 marzo per discutere del prossimo referendum relativo all’autofinanziamento e sulla possibile modifica statutaria relativa al passaggio ereditario in linea femminile.
Il primo conservatore Bruno Ferrarotti ha inizialmente posto l’attenzione sulla «verifica della sicurezza economica, al di là del referendum»: ci sono 20 mila euro in cassa, titoli per circa 1700 mila euro, crediti del 2013 per circa 85 mila euro. Inoltre dal Comune di Trino arriveranno 50 mila euro all’anno sino al 2016 e la gestione del verde. In merito all’autotassazione «quello che si vuole fare è un contributo minimo ma fondamentale per la prospettiva futura. Se nel 1990 si è scelto di passare nel novero delle Aree protette piemontesi è perché già allora vi erano delle difficoltà».
Le spiegazioni tecniche sull’invio delle comunicazioni elettorali non è stata fine a sé stessa, ha portato al conteggio, ancora non del tutto preciso, di quanti soci sono iscritti nel Gran Libro. L’evoluzione si è articolata storicamente, «quando facciamo qualche attività siamo abituati a partire dalla storia della Partecipanza», i cui documenti sono ora tutti su archivio digitale. Nel dopoguerra il conteggio si operava tramite il quinternetto, che registrava 1639 iscritti nel 1956, passati a 1526 nel ‘70, 1395 nel 1988; il numero provvisorio odierno è 890.
«La Partecipanza deve imparare a contarsi»: il crollo è evidente, così come in parallelo è aumentata la superficie di 41 ettari. Va anche aggiunto che il taglio è stato chiesto da 44 partecipanti e 50 esterni. Le donne hanno avuto il diritto di voto nella Partecipanza solo nel 1998, il referendum aveva registrato voti contrari; se inizialmente ereditavano come gli uomini, nel 1528 cambiarono le regole per evitare di riempire la Partecipanza di forestieri. Era anche possibile comprare la sorte delle donne, fatto accaduto ancora agli inizi del Novecento. Le regole statutarie prevedono i vari casi, la proposta avanzata dal direttivo è di stilare una nuova norma che consenta la successione femminile, con uguali obblighi e diritti, ed il riconoscimento dei figli naturali.
Nel bilancio di previsione 2014 il numero dei soci è indicato in 500, stima al ribasso perché 890 non è certo e se passasse il referendum si potrebbe avere una nuova contrazione dovuta alla scelta di non contribuire. Con l’allargamento alle donne l’incremento oscillerebbe attorno al 30%, il che significa anche risorse aggiuntive. L’assemblea ha approvato la stesura di una bozza di modifica.
Sulle risorse economiche è caduto l’accento in chiusura d’incontro. Un momento importante si sta avvicinando, le consultazioni elettorali regionali. «Dal 2011 Cota ha fatto uno scempio, speriamo di poter tornare autonomi. Da due anni aspettiamo una proposta di convenzione – ha ricordato Ferrarotti – senza risposta. Non voglio essere pessimista, aspettiamo la prossima amministrazione, dobbiamo comunque metterci in una situazione di cautela per il futuro».
Il documento “Proposte per migliorare il quadro economico complessivo”
TRINO. (s.b.) Al termine dell’assemblea un gruppo di partecipanti ha consegnato a Bruno Ferrarotti un documento intitolato “Proposte per migliorare il quadro economico complessivo della Partecipanza”, cui erano allegate due pagine di firme. Il giorno precedente un gruppo di trinesi si era recato dal sindaco Alessandro Portinaro per consegnare il medesimo documento. In un primo momento è parso che venisse richiesta la discussione immediata delle proposte, poi Ferrarotti ha iniziato una discussione animata, ritenendo che la raccolta firme fosse un mezzo per convincere gli elettori a votare contro il referendum e portando la testimonianza che si basava sullo slogan “firma per non pagare i 50 euro”. La risposta era già stata preparata e comprende anche una parte che non rientra negli scritti consegnati a Comune e Partecipanza, intitolata “I diritti non li paghiamo”, che inizierebbe con l’asserzione “se usiamo quello che abbiamo, oltre a non dover pagare di tasca nostra, riusciremo anche a valorizzare questa grande risorsa che i nostri padri ci hanno lasciato”.
I punti del documento su “la Gazzetta” del 19 marzo 2014
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