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Silenzio, solitudine e diversità nel secondo romanzo della Invernizzi

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come una mosca nel latte

VERCELLI. Come può passarsela una mosca nel latte? Istintivamente viene da rispondere “male”, denso, appiccicoso, di colore opposto, attira l’insetto perché dolce, ma poi si dimostra pernicioso. Nel romanzo di Roberta Invernizzi Come una mosca nel latte non si trova il bianco liquido ma le mosche abbondano. Sono la causa dell’internamento in manicomio di Evasio, chiamato fin dall’infanzia Eva, che vede in questi esseri gli emissari di forze oscure e maligne, spie pronte a captare qualsiasi spunto, idea, progetto che studiosi, studenti, inventori elaborano, per portarlo a chi possa sfruttarlo per fini commerciali mondiali.

Il passaggio da universitario promettente a scienziato pazzo può essere molto breve, come sperimenta il protagonista, che adesso trascorre le sue giornate in una clinica di qualità insieme a Serse, epigono di una dinastia di gatti che hanno accompagnato tutta la vita di Evasio per collaborare a tenere lontano da lui le mosche. A riportare alla luce la vicenda il giornalista Leone, inviato dal suo giornale per un servizio diverso dal solito, e la fotografa Nena, che si sta reinventando una vita dietro l’obiettivo.

Qui cominciano le peculiarità di questo lavoro, che ne presenta davvero numerose. Nena era la protagonista del precedente libro della Invernizzi, Capelli; se da un lato si ritrae, cercando forza anche in un bicchiere di whisky, dall’altra si fa subito conquistare dall’anziano uomo. Leone utilizza continuamente il termine “ovvio”, eppure sarà l’unico a vedere cosa si cela realmente dietro tutta la faccenda. Silenzio, solitudine e diversità sono anche valori, come la leggerezza, l’amicizia e la voglia di cambiare, portati nella pagina senza giudizi a priori e conclusioni affrettate.

Ciascun personaggio racconta in prima persona la cronaca degli incontri, a seconda di come li vive e portando avanti nel contempo la parte privata della propria esistenza; è semplice seguire il dipanarsi dei racconti perché sono stampati con caratteri diversi. I giochi di parole e gli ammiccamenti costellano l’intera opera e la vivacizzano ulteriormente: “Immagino una meravigliosa storia romantica e mi appare tutto subito più interessante… Non per nulla sono stata più volte indagata per favoleggiamento…” mentre per Leone “la geografia non è un reato”. La copertina gialla rimanda ad un genere preciso che però pare disatteso, ma le sorprese sono in agguato. La struttura è circolare, si apre e si chiude forse nello stesso modo, o forse no. È il lettore che davvero dirà l’ultima parola.

Silvia Baratto

Roberta Invernizzi, Come una mosca nel latte, Edizioni Mercurio, 2013, 12 euro.

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