SALUGGIA. (r.s.) Con la fine del 2013 è iniziata la dismissione degli ambulatori di via Circonvallazione. Prelievi, prenotazioni, infermeria e pediatra restano lì fino a quando il Comune non troverà altri locali.
Con l’inizio del 2014 è variata la situazione del Servizio Sanitario Territoriale, detto anche Distretto Sanitario, di via Circonvallazione. Il servizio di “medicina di gruppo” è stato chiuso, e i medici – che visitavano tutti presso la struttura – sono tornati ai rispettivi ambulatori.
Il dottor Finotto ha appeso un foglio con scritto «Si torna a casa!» (a casa sua, in via Vuillermin), i dottori Guarene e Matta ora visitano in via Senator Faldella 4/a, il dottor Borrione è tornato in via San Giovanni Battista 4 (dove occorre salire una rampa di scale, e i disabili e coloro che hanno difficoltà di deambulazione non l’hanno presa bene).
Presso la struttura di via Circonvallazione proseguono, per ora, i servizi di prenotazione esami, ritiro referti, prelievi, medicazioni, ecc. L’Asl ha però comunicato, con una lettera del direttore generale Flavio Boraso, che non intende pagare oneri di locazione; e siccome la “Don Dattrino spa”, proprietaria dei locali, chiede il pagamento dell’affitto, i servizi potranno essere mantenuti a Saluggia solo se il Comune troverà dei locali (di sua proprietà) in cui trasferire gli ambulatori.
Nel corso di una riunione svoltasi il 17 dicembre la “Don Dattrino spa”, nella persona di Suor Carla Cigliola, ha garantito che gli spazi attualmente occupati saranno disponibili fino a quando il Comune non troverà un’altra soluzione.
L’assessore alle politiche sociali Adelangela Demaria garantisce che «il Comune si farà carico dei costi al fine di garantire la continuità dei servizi attualmente in vigore ».
Nella foto: Il Servizio Sanitario Territoriale, Saluggia.
La “Don Dattrino spa”
Il Comune detiene il 49% delle quote
di una Società in cui non conta nulla
Dunque il Comune, da quel che si evince dal carteggio pubblicato sul sito istituzionale, deve ora trovare nuovi locali – possibilmente di sua proprietà, e senza oneri di locazione per l’Asl – in cui trasferire le attività di assistenza sanitaria territoriale (prelievi, prenotazioni, ritiro referti, pediatra, assistenza infermieristica) finora ospitate presso l’edificio di via Circonvallazione, di proprietà della “Don Dattrino spa”. Società di cui il Comune detiene il 49% delle quote. E’ un po’ come se un tizio, diciamo il marito, dovesse trovare un nuovo alloggio (gratis) per ospitare un inquilino che fino a ieri abitava in una casa di proprietà comune, sua e della moglie. Ma siccome la moglie ha deciso così… In un paese che ha poca memoria, è forse opportuno fare un po’ di storia. La “Don Dattrino spa” è stata costituita nel novembre 2001 tra la Congregazione delle Suore di Maria Consolatrice (che hanno conferito l’immobile di via Fratelli Barberis che ospitava l’Istituto “Gesù Bambino”, del valore stimato in euro 1.683.000) e il Comune di Saluggia (che ha conferito l’immobile di via Don Carra che ospitava la Casa di riposo, valore stimato in euro 997.226, e ha conferito – in denaro – la somma di euro 619.774). In questo modo il socio Congregazione si è trovato ad avere il 51% delle quote della “Don Dattrino”, e il socio Comune il restante 49%. Sul sito istituzionale del Comune, nella scheda sulla “Don Dattrino spa”, è tuttora indicato come presidente del consiglio d’amministrazione il compianto Don Aldo Momo. In attesa che qualcuno lo corregga, facendo così tornare sorridenti le “faccine” sulla trasparenza che tanto inquietano il Segretario comunale, informiamo che l’attuale presidente del cda è Suor Carla Cigliola (rappresentante della Congregazione), e i consiglieri sono Paola Bolgiani (Congregazione, direttore clinico de Le Villette) e Giorgio Pirani (Comune).
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Fra gli indirizzi di intervento alla Società approvati dal Consiglio comunale nell’ottobre 2002 c’era, fra l’altro, la “ristrutturazione dell’ex Istituto Gesù Bambino per realizzarvi 30 posti residenziali Raf e ambulatori per ospitare il Servizio Sanitario”. Quindi era chiaro fin da allora che uno degli obiettivi del socio Comune era quello di avere, presso un immobile della “Don Dattrino”, i locali per gli ambulatori del Distretto Asl. Nel dicembre 2005 il consiglio d’amministrazione della Don Dattrino ha chiesto ai soci una modifica degli indirizzi approvati tre anni prima: destinare tutto l’edificio ex “Gesù Bambino” a struttura per anziani non autosufficienti e disabili adulti con malattie genetiche, mentre per il Distretto Sanitario – che restava una delle priorità del Comune – si proponeva di costruire un nuovo apposito edificio, su via Circonvallazione. L’edificio è stato costruito e inaugurato nel gennaio 2008. In quel periodo cominciano ad avvenire alcune cose quantomeno bizzarre. Il 17 dicembre 2007 il Consiglio comunale approva una mozione con cui impegna la Giunta a «stipulare un protocollo tra Comune e “Don Dattrino” per definire le modalità con cui verrà gestita la nuova struttura, compresi gli impegni economici del Comune». Insomma: il Comune, dopo aver messo oltre un milione e mezzo di euro per costituire la Società, va a stipulare un protocollo con la stessa Società di cui è socio, magari promettendo di spendere anche altri soldi. E infatti, nell’estate del 2008, ecco che l’allora sindaco Marco Pasteris predispone un protocollo d’intesa con la “Don Dattrino spa”. Premessa: «l’Amministrazione comunale esprime grande soddisfazione per la disponibilità offerta dalla “Don Dattrino spa” a ricevere nelle nuove strutture di via Circonvallazione, di cui è proprietaria, gli uffici e gli ambulatori del Distretto sanitario, sinora allocati nei locali del Centro Settia, di proprietà comunale». Capito? Il Comune ringrazia la “Don Dattrino spa”, di cui è socio, per «la disponibilità» ad ospitare il Distretto. Quello che era, fin dalla costituzione della Società, un diritto e un obiettivo del socio Comune, diventa un favore di cui ringraziare. Favore per modo di dire: perché Pasteris, per mettere gli ambulatori del Distretto nel nuovo edificio appositamente costruito, offre «la disponibilità del Comune a versare alla “Don Dattrino spa” un contributo una tantum di euro 50 mila». Qui siamo al top: il Comune costituisce una Società, ci mette un milione e mezzo di euro, ne detiene quasi la metà e per usare (far usare all’Asl) i locali di proprietà di quella Società… deve prodursi in salamelecchi e pagare 50 mila euro. Corollario: in quel protocollo, Pasteris scrive inoltre che «con questa operazione sono stati raggiunti due importanti e fondamentali obiettivi: da un lato sono stati messi a disposizione della comunità saluggese uffici nuovi e funzionali [e grazie, con tutti i soldi che il Comune ci ha messo…, ndr]; dall’altro viene consentito all’Amministrazione comunale di disporre dei locali del Centro Settia per i propri fini [locali poi rimasti pressoché inutilizzati, ndr]».
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E veniamo all’oggi. L’Asl assicura di poter «continuare l’erogazione delle attività attualmente presenti» però non intende pagare oneri di locazione. Ma la “Don Dattrino spa” (tutto il cda? compreso il rappresentante del Comune?) pretende il pagamento dell’affitto. E allora cosa fa il Comune? Se non vuole perdere il Distretto deve trovargli altri locali, da qualche altra parte, e gratis. Lo metta dove vuole, ma non in un edificio di proprietà della “Don Dattrino spa”. Morale: com’è stato fin dalla costituzione della Società, il Comune – che ne detiene il 49% – nella “Don Dattrino spa” non conta assolutamente nulla. Non è nemmeno in grado di imporre all’altro socio – che già utilizza con “La Cittadella” e “Le Villette”, per finalità meritorie, la quasi totalità dei locali di proprietà – di farsi lasciare quattro stanze per il Distretto Asl in un edificio appositamente realizzato: che era poi uno degli obiettivi per cui il Comune stesso aveva costituito la “Don Dattrino spa”. Ha messo un milione e mezzo – più altri 50 mila euro “una tantum” – e ora per gli ambulatori deve cercare qualche stanza altrove. Anzi, no, non è vero che il socio Comune nella “Don Dattrino spa” non conta nulla. Oggi è così, ma forse un giorno tornerà importante: quando in quella Società ci saranno da spendere altri soldi. La Congregazione metterà il 51%, il resto lo pagherà il Comune. Magari anche «con grande soddisfazione, ringraziando per la disponibilità», come Fantozzi con il superiore che lo prende a pedate nel sedere.
Umberto Lorini
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