Oggi e domani anche a Trino e a Saluggia, come negli altri siti nucleari italiani, Sogin “apre le porte” e fa visitare gli impianti nucleari che – si legge negli atti ufficiali – dovrebbe smantellare entro il 2035
Rapido riassunto normativo sull’eredità nucleare italiana: sei anni fa l’Unione Europea, con la Direttiva 2011/70/EURATOM, ha chiesto ad ogni Stato membro – compresa l’Italia – di “tradurre le proprie politiche nazionali per la gestione responsabile e sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi in un Programma Nazionale che comprenda l’inventario di tutti i tipi di combustibile esaurito e di rifiuti radioattivi presenti sul territorio nazionale nonché tutte le relative fasi della gestione degli stessi, dalla generazione allo smaltimento”.
Il Governo italiano ci ha messo un po’, ma tre anni più tardi – con il Decreto Legislativo 4 marzo 2014 n. 45, entrato in vigore il 10 aprile 2014 – ha recepito nell’ordinamento italiano le disposizioni contenute nella direttiva 2011/70/Euratom. Cosa dice questo decreto? “Art. 7: Entro il 31 dicembre 2014, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, […] è definito il programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi («Programma nazionale»), comprendente tutti i tipi di combustibile esaurito e di rifiuti radioattivi soggetti alla giurisdizione nazionale e tutte le fasi della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, dalla generazione allo smaltimento”.
Il 31 dicembre 2014 è trascorso invano; e anche tutto il 2015 e i primi mesi del 2016.
Il 28 aprile 2016 la Commissione Europea ha allora aperto nei confronti dell’Italia la procedura di infrazione n. 2016_2027 per “Failure to notify the national programme for the implementation of a spent fuel and radioactive waste management policy”, con lettera di costituzione in mora.
Del Programma Nazionale finora è stato reso noto – da parte dei Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente – solo un “Rapporto Preliminare”. Che a un certo punto, parlando di tempi e costi dello smantellamento, dice questo:
Quindi entro il 2030, massimo 2035, il Governo (non la Legambiente, non i Comitati…) prevede che lo smantellamento sarà concluso e che – siccome tutto il materiale radioattivo verrà portato al Deposito Nazionale – i siti attuali vengano rilasciati senza vincoli radiologici: il “prato verde”, dice Sogin nei documenti ufficiali.
Ebbene: a chi oggi, maggio 2017, in occasione dell’“Open Gate” va a visitare i siti nucleari di Trino e Saluggia, Sogin mostra che sta costruendo nuovi depositi “temporanei” in cui immagazzinare il materiale radioattivo in attesa dell’invio al deposito nazionale. A Saluggia, ad esempio, sta ultimando il deposito D2 (lungo 86 metri, largo 28, alto 13, con pareti in cemento armato spesse più di un metro) ed ha iniziato a costruire il deposito D3. Presso la centrale “Fermi” di Trino intende demolire due depositi e ricostruirli.
Il D2, all’Eurex di Saluggia, è in costruzione da sette anni. Forse entrerà in esercizio a fine 2017. Siccome – stando al Programma Nazionale – nel sito di Saluggia dovrà esserci il “prato verde” entro il 2035, è probabile che i lavori di demolizione del D2 inizieranno almeno cinque anni prima, nel 2030: per quell’anno dovrà essere vuoto. Ciò significa che questo deposito ospiterà le scorie radioattive per 12 anni: dal 2018 al 2029.
Facciamo due conti: costruire il D2 costa (si veda il bando pubblicato da Sogin) almeno 15 milioni di euro. Demolirlo costerà almeno la metà: stiamo bassi e diciamo 7 milioni. La sua manutenzione, nel corso dei dodici anni di esercizio, costerà almeno 2 milioni. Totale: 24 milioni.
Ora: spendere 24 milioni di euro per un deposito che deve contenere materiale radioattivo per 12 anni significa spendere due milioni l’anno. Vale a dire oltre 166 mila euro al mese, 5479 euro al giorno. Significa che tenere “temporaneamente” materiale radioattivo nel D2 costerà a Sogin più di cinquemila euro al giorno.
Vi pare verosimile?
O non è più probabile, piuttosto, che il D2 – e gli altri depositi per lo stoccaggio “temporaneo” di scorie che Sogin sta costruendo a Saluggia, a Trino e negli altri siti nucleari italiani – serviranno per consolidare la presenza di materiale radioattivo in questi luoghi per almeno altri cinquant’anni?
Altro che “prato verde”…
Umberto Lorini
direttore@lagazzetta.info
[nella foto: i lavori di costruzione del deposito D2 nel sito Eurex di Saluggia]
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