CRESCENTINO. Lo storico crescentinese Mario Ogliaro ha svolto un lungo e approfondito lavoro di ricerca su San Genuario, il santo di cui oggi resta il toponimo della frazione di Crescentino, al quale secoli addietro venne dedicata l’abbazia di Lucedio.
La dedicazione a San Genuario dell’abbazia di San Michele di Lucedio fra tradizione agiografica e sviluppo cultuale è suddiviso in tre capitoli: Il cambio di intitolazione dell’abbazia, Il martirio di Santa Felicita e La scoperta della tomba di San Genuario.
Un breve ma preciso inquadramento storico permette al lettore di comprendere la cornice longobarda del basso vercellese: nell’839, e non nell’843 come attestato da altri studiosi, Lotario I portò a Lucedio le reliquie del santo; fu probabilmente su sua indicazione che i benedettini optarono per il santo romano, lasciando San Michele arcangelo, retaggio di un passato ariano. In realtà la traduzione del nome Ianuarius era Gennaro, ma fin dal Cinquecento si trova Ianuario e Gianuario, che in dialetto diventa Ginuari.
Il nome ha la sua importanza perché potrebbe trarre in inganno, indicando il martire di Benevento anziché il fi glio primogenito di Santa Felicita, condannata con i suoi sette figli. Il culto di Genuario ebbe grande fama e sopravvisse nei secoli, ma madre e figli non furono martirizzati e sepolti insieme, per cui vi furono difficoltà nel ricostruire la vicenda in tutti gli aspetti storici. La verifica del racconto del martirio è stata fatta attraverso la comparazioni di più martirologi, che hanno evidenziato un nucleo centrale comune. Anche la datazione ha avuto la sua importanza, infatti fin dai tempi più remoti il giorno dedicato a San Genuario è il 10 luglio; ancora oggi la patronale si celebra agli inizi di luglio. Considerando i riferimenti storici, l’anno del martirio è il 162.
A queste prove, non da tutti considerate sufficienti, se ne sono aggiunte altre con gli scavi archeologici effettuati a metà Ottocento. È infatti stata rinvenuta la tomba del giovane martire presso il cimitero romano di Pretestato; Ogliaro ha inserito un’immagine del sepolcro, eccezionalmente decorato. Venne anche ritrovata un’epigrafe, apposta da papa Damaso I, che indicava tra i martiri lì sepolti Ianuarius, portando così una testimonianza inconfutabile.
Un elemento interessante è la ricchezza iconografica legata al culto, di cui nel libro vi sono alcuni esempi, e non mancano riferimenti precisi per un’eventuale ricerca personale: in copertina vi è la riproduzione di Santa Felicita con i fi gli, affresco presente nella chiesa di San Nicholas in Olanda, al fondo la xilografia conservata nell’abbazia di Admont, in Stiria, regione dell’Austria.
Silvia Baratto
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