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Indagine della Procura in una trentina di aziende agricole per l’utilizzo sui kiwi di un fitofarmaco “non autorizzato”

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Indagine della Procura in una trentina di aziende agricole per l’utilizzo sui kiwi di un fitofarmaco “non autorizzato”

I campioni sequestrati presso i frutticoltori borgodalesi vengono analizzati nel laboratorio del Ministero a Catania

BORGO D’ALE. La Procura della Repubblica di Vercelli ha aperto un’indagine sull’utilizzo di fitofarmaci – probabilmente non autorizzati – reperiti presso una trentina (almeno) di aziende agricole di Borgo d’Ale e dintorni. I responsabili delle aziende sono stati convocati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali per presenziare agli accertamenti tecnici irripetibili sui campioni di prodotto sequestrati; accertamenti che si terranno presso il Laboratorio del Dipartimento dell’ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro alimentari che il Ministero ha a Catania.
I frutticoltori e i loro legali non rilasciano dichiarazioni, ma pare che sia accaduto questo: la AlzChem, azienda chimica tedesca, ha scoperto che un proprio prodotto – commercialmente denominato Sitofex – utilizzato nelle piantagioni di kiwi per migliorare il calibro dei frutti, se utilizzato nel periodo di prefioritura contribuisce ad attivare i meccanismi di difesa delle piante contro il PSA, il cancro batterico dell’actinidia: non agisce direttamente contro il patogeno, ma renderebbe i suoi attacchi meno dannosi. Nel febbraio scorso il forchlorfenuron, principio attivo del Sitofex ha ottenuto il parere favorevole del Servizio Fitosanitario Nazionale per essere utilizzato per l’emergenza fitosanitaria PSA.
Alcune aziende agricole borgodalesi, però, anziché acquistare il Sitofex dai rivenditori autorizzati se lo sarebbero procurato rivolgendosi a un mercato “parallelo”; acquistando però non l’originale, ma un prodotto contraffatto, non autorizzato e che – oltretutto – anziché combattere la batteriosi avrebbe favorito la moria dei kiwi, fenomeno comunque già in atto.
Gli agenti inviati a Borgo d’Ale e dintorni dalla Procura di Vercelli hanno dapprima valutato “dall’alto” le coltivazioni maggiormente colpite dal fenomeno, e sono poi andati “a colpo sicuro” a sequestrare i residui di prodotto presso le aziende agricole che l’avevano utilizzato.
Nei bar del paese c’è chi vocifera che i controlli siano partiti a seguito di denunce da parte dei venditori autorizzati (e che hanno visto quest’anno una diminuzione delle forniture), ma questi smentiscono e gli inquirenti, ovviamente, tacciono.
Molti titolari delle aziende agricole indagate, invitati a recarsi presso il laboratorio di Catania o ad inviare periti di loro fiducia per assistere agli accertamenti tecnici irripetibili, non hanno mandato nessuno: «è inutile – dicono-, tanto sappiamo già cosa c’è dentro quelle boccette che ci hanno sequestrato». Al termine degli accertamenti la Procura di Vercelli deciderà se chiedere il rinvio a giudizio di utilizzatori e venditori del prodotto.

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