FONTANETTO PO. (s.b.) Purtroppo il pubblico continua a scarseggiare.
Cosa spinge ad andare a teatro in una fredda sera d’inverno a vedere un’opera lirica scritta oltre un secolo fa? Una possibile risposta è L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti andato in scena sabato 8 febbraio all’auditorium.
Scena aperta, una palestra, ragazze e ragazzi che assistono alle schermaglie di Adina, di cui è innamorato Nemorino, timido e impacciato. Tutina aderente e fascia tra i capelli la protagonista flirta con Belcore, sergente aitante, un tipo “giusto”; arriva il dottor Dulcamara, borsone pieno di magico elisir. Nemorino cerca un filtro d’amore e l’altro, fiutato il gonzo, gli rifia la stessa brodaglia, che farà effetto solo il giorno seguente, il tempo necessario per filarsela prima di essere scoperto. La situazione precipita per poi ricomporsi, Adina capisce che il vero innamorato è Nemorino.
Una regia fresca porta in uno scenario diverso i personaggi per dare loro la possibilità di trasmettere al pubblico di oggi ciò che l’opera dava a quello di ieri; sebbene definita “melodramma giocoso” risente già degli influssi romantici e questo la avvicina alla sensibilità ancora nostra, Nemorino tocca punte di tragicità e momenti d’umorismo, si fa abbindolare come tutti gli altri dal furbastro di turno e di certo non è difficile conoscere una Adina o un Belcore. Difficile non trasformarli in macchiette, appiattirli, ma la disinvoltura di gesti quotidiani, di atteggiamenti eloquenti, di una forte dose di teatralità che crea complicità col pubblico aiutano a evitare le sabbie mobili del gigionismo.
Ovviamente tutto sta in piedi perché le voci ci sono, pulite, chiare, escono senza sforzi. La potenza di Silvia Di Falco è ormai riconosciuta, non sfigurano assolutamente gli altri cantanti e il coro ha una sua forza notevole. Il cartellone musicale dell’associazione Viotti volge ormai al termine, resta una sola rappresentazione, poi si vedrà se la collaborazione con Rami musicali proseguirà per il terzo anno o prenderà un’altra strada. Sempre scarso il pubblico, uno zoccolo duro di appassionati con qualche presenza giovane non è forse una risposta sufficiente ad un’offerta di questo tipo. Una serata di bel canto, di intenso rapporto emotivo con gli artisti, salutati con un lunghissimo scroscio di applausi, un ottimo accompagnamento al pianoforte: magari potrebbe essere un’idea per scoprire cosa vuol veramente dire “live”.
Nella foto: Una scena de L’elisir d’amore rappresentato sabato all’auditorium Viotti.
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