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Coprire la piscina: non come, ma se

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Coprire la piscina: non come, ma se
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Indubbiamente lo Studio Pettene è uno dei più qualificati nel recupero di piscine in disuso. Ma a discutere e decidere sugli interventi da fare sugli impianti natatori dovrebbe essere – più che il progettista incaricato – la Città

Una quindicina di anni fa a Torino si sviluppò un dibattito su un tema urbanistico-edilizio che interessava anche i non addetti ai lavori: i grattacieli. La banca SanPaolo e la Regione Piemonte intendevano infatti costruire in città – rispettivamente in un isolato fra il tribunale e la stazione di porta Susa, e nell’area ex Fiat Avio (quartiere Nizza Millefonti) – due grattacieli, alti più di 150 metri. Il Piano Regolatore non lo permetteva, e per mesi si è discusso sull’opportunità di concedere le varianti richieste. Le varianti sono poi passate e i grattacieli sono stati realizzati, su progetto di due archistar: Renzo Piano e Massimiliano Fuksas, che hanno fatto del loro meglio e più volte sono intervenuti per spiegare ai committenti e a tutti gli interessati i pregi – funzionali ed estetici – dei loro edifici.
Quello che è stato chiaro fin da subito ai torinesi – all’Amministrazione comunale e ai cittadini – era però il tema del dibattito: non come costruire i grattacieli (non c’erano dubbi sulle capacità dei due noti architetti), ma se costruirli. In una città il cui skyline è storicamente caratterizzato da edifici alti meno di cento metri, con le sole eccezioni della Mole Antonelliana e della Torre Littoria di piazza Castello (che è alta 87 metri, arriva a 109 con l’antenna), era opportuno cominciare a tirar su grattacieli… come in una Milano qualsiasi?
Intervennero, in diverse sedi, in parecchi: urbanisti, paesaggisti, ambientalisti, scrittori, semplici cittadini. I due archistar, a cui comunque gli argomenti non mancavano, ebbero la buona creanza di rimanere un passo indietro, essendo evidente che a loro – e ai loro studi di progettazione – fare i grattacieli conveniva. Nessuno nutriva dubbi sulle loro capacità (anche se poi a Fuksas vennero contestate fatture milionarie…), ma era chiaro a tutti che il dibattito fosse non sull’utilizzo di cemento o acciaio o vetro bensì su un’idea dell’immagine della città.

Perché, in un articolo scritto a Vercelli nel 2017 ricordiamo questo dibattito torinese di quasi due decenni fa? Lo facciamo perché nello scorso fine settimana sulla pagina Facebook della Città di Vercelli è stata postata – e poi ripresa da alcuni siti e blog di complemento – una videointervista all’architetto Paolo Pettene sul tema del recupero del Centro Nuoto di Vercelli, progetto di cui lo Studio Pettene è stato incaricato per la fase esecutiva (ma ha poi fatto anche altro, come abbiamo spiegato qui). Poi magari qualcuno interrogherà sul perché l’addetto stampa del sindaco, alla vigilia del voto in Consiglio comunale, sia partito da Vercelli e sia andato appositamente fino a Poirino a realizzare l’intervista, ma non è questo il punto. Il punto è: perché chiedere a Pettene se la decisione – presa da sindaco e Giunta – di coprire la vasca esterna del Centro Nuoto è quella giusta?
Pettene all’inizio dell’intervista precisa – come aveva già fatto qualche giorno prima in Sala Consiglio – che l’incarico affidato a lui e al suo studio di progettazione consiste nello «sviluppare l’ingegnerizzazione esecutiva di un intervento in un ambito delimitato, che è quello dello studio di fattibilità predisposto dal Coni; l’Amministrazione ha fatto la sua scelta e noi l’abbiamo ottimizzata». E fin qui, tanto di cappello; dice infatti (come già Piano o Fuksas per i grattacieli a Torino): l’Amministrazione comunale ha deciso così, a noi spetta realizzare l’opera nel miglior modo possibile.
Ma è chiaro che l’addetto stampa del Comune non è andato fin là per farsi dire solo questo. E’ andato là – si veda il prosieguo dell’intervista – per farsi dire: secondo Lei questa è la decisione migliore? Due vasche coperte, una vicino all’altra, da (quasi) 25 metri possono coesistere? Farne una da 50 metri cosa comporterebbe?
Ora: in un posto normale, queste non sono domande da fare a un professionista incaricato mesi fa di redigere il progetto esecutivo di copertura di una vasca (e che, oltretutto, ha già calcolato l’onorario della sua prestazione). Questi sono argomenti che la Città – diciamolo meglio: il Consiglio comunale, in cui sono rappresentati (quasi) tutti i vercellesi – dovrebbe discutere prima di assegnare un qualsiasi incarico sulle piscine. Pettene, grazie alla sua esperienza nel ramo, è una garanzia del come, cioè del fatto che l’intervento al Centro Nuoto sarà fatto con tutti i crismi. Ma non si può investirlo – a decisione ormai presa, oltretutto – del compito di convincere il Consiglio e la città del se quell’intervento vada fatto: quello è il compito del sindaco, degli assessori allo sport e ai lavori pubblici, meglio se sulla scorta di un’analisi complessiva su tutti gli impianti natatori cittadini, sulle esigenze delle società sportive e dei praticanti, su indagini di mercato e sul bacino d’utenza. Cosa che in Municipio – per mancanza di volontà o per incompetenza – evidentemente non hanno fatto, e allora la affidano – tardivamente, con una chiacchierata su YouTube – al progettista incaricato.
Ma se davvero si vuole utilizzare l’architetto Pettene per convincere Vercelli e il suo Consiglio comunale della bontà della scelta – politica, non tecnica – di coprire la vasca esterna del Centro Nuoto anziché adottare un’altra soluzione, magari meno “elettorale” ma più duratura, non gli si dà l’incarico del progetto esecutivo: lo si nomina assessore.

Umberto Lorini
direttore@lagazzetta.info

[nella foto: Paolo Pettene durante la videointervista]

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