Torino. (r.c.) Le condanne inflitte dal Tribunale di Torino nel processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta. Tutti colpevoli i 12 imputati affiliati ai locali di Livorno Ferraris e Chivasso.
Condanne per cento anni complessivi sono state inflitte dal tribunale di Torino agli imputati, dodici in tutto, del processo “Colpo di coda” per le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel torinese e nel vercellese. Nella maxi aula 2 del Palazzo di Giustizia di Torino, il processo “figlio” di Minotauro e nato da un’operazione che nell’autunno 2012 portò all’arresto di ventidue persone, ritenute affiliate ai locali di Chivasso e Livorno Ferraris, è giunto alla battuta finale. Le pene variano tra i sette anni e gli undici anni e otto mesi inflitti a Pietro Marino, papà di Antonino e Nicola, entrambi coinvolti nel processo, quest’ultimo noto alle cronache politiche chivassesi per essere stato per nove anni consigliere di amministrazione della società Chind, la partecipata del Comune di Chivasso che ha come mission quella di trovare investitori per l’area industriale a nord della ferrovia. La Procura, rappresentata dai pm Roberto Sparagna, Monica Abbatecola e Giuseppe Riccoboni aveva chiesto in tutto condanne per centotrentaquattro anni. Tutti gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli di associazione a delinquere di stampo mafioso per aver “fatto parte dell’associazione denominata ‘ndrangheta, operante da anni sul territorio piemontese ed avente propri referenti con le strutture organizzative insediate in Calabria, costituita da diverse articolazioni territoriali denominate locali”. Alcuni devono anche rispondere di altri reati minori. L’operazione era partita, anni fa, da alcune intercettazioni telefoniche, successive all’operazione Minotauro, in cui emergeva l’esistenza di locali a Chivasso e a Livorno Ferraris: in particolare, fu dall’organizzazione di una colletta di Natale per gli affiliati detenuti in carcere che i carabinieri arrivarono all’identificazione degli altri sodali e quindi all’operazione “Colpo di coda”. Nell’inchiesta sono emersi anche i rapporti con la politica locale, gli affari nell’edilizia, ecc… ecc… La sentenza è stata accolta dai “Vergogna”, urlati da imputati e familiari, rivolti a giudici e pm. Nel dispositivo, di cui si conosceranno le motivazioni tra novanta giorni, è stata anche disposta la confisca di circa il 50 per cento dei beni sequestrati dalla Procura al termine della fase di indagine: conti correnti, depositi di titoli per centinaia di migliaia di euro, case e appartamenti a Chivasso, automobili.
Le difese hanno già fatto sapere che ricorreranno in appello, una volta lette le motivazioni della sentenza.
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