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C’è un grande prato marrone

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C’è un grande prato marrone
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Sogin lavora per arrivare al “brown field”: costruisce depositi – enormi e costosissimi – per immagazzinare materiale radioattivo nei siti attuali. E spiega che sono «temporanei», perché prima o poi ci sarà un unico Deposito Nazionale…

SALUGGIA (u.l.) – Se qualcuno non aveva ancora le idee chiare su dove sarà, tra dieci o vent’anni, il principale deposito nazionale di scorie radioattive, tra sabato e domenica scorsi ha potuto togliersi il dubbio: sarà nel sito Eurex di Saluggia. Al centinaio di visitatori che, nell’ambito dell’iniziativa “Open gate”, sono stati portati a vedere i depositi D2 (ormai pressoché completato) e D3 (in costruzione), i ciceroni di Sogin hanno raccontato che si tratta di strutture «temporanee», in attesa che il Governo decida in quale sito costruire il Deposito Nazionale definitivo. Ma una volta dentro («avete un grande privilegio: siete gli unici a vedere il D2 ultimato, dall’interno, prima che si inizi a riempirlo»), è evidente che la «temporaneità» – se non si fissa una scadenza – è un concetto molto sfuggente. Una volta messe qui dentro, è ben difficile che le scorie vengano trasferite altrove; quantomeno per qualche lustro.

La data in cui tutto il materiale radioattivo avrebbe dovuto prendere la via del deposito definitivo, sulla carta, c’era già: c’era fin dal 2003, quando – convertendo in legge il “decreto Scanzano” – il Parlamento decise che

estratto legge del 2003

Al 31 dicembre 2008, comunque, quest’opera “indifferibile ed urgente” non solo non era stata completata, ma nemmeno iniziata, non sapendo dove costruirla.
Sogin ha quindi avviato nel sito Eurex di Saluggia – sito che, ripetono tutti, «non ha le caratteristiche per ospitare un deposito definitivo…» – la costruzione del deposito D2 (che in progetto era grande il doppio: fu ridotto dopo una mobilitazione popolare e la mancata approvazione, da parte del Comune, della Variante urbanistica richiesta) e, da qualche tempo, quella del deposito D3. Costruzioni costate complessivamente almeno 25 milioni di euro (il bando per il D2 era di 15, l’appalto per il D3 è stato accorpato all’impianto Cemex ma è sicuramente sopra i 10), e che dovranno «temporaneamente» contenere i fusti di materiale radioattivo. Fino a quando?
Il Governo dice: fino al 2030, massimo 2035. Nero su bianco: l’ha scritto un anno fa nel Rapporto preliminare del Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, redatto su sollecitazione dell’Unione Europea (l’Italia, a causa dei ritardi su questo fronte, è entrata in procedura di infrazione: ne abbiamo parlato qui). Stimando i costi complessivi per arrivare al “green field” (il “prato verde”, cioè il rilascio dei siti privi di vincoli radiologici), il Governo ha fissato anche i tempi:

estratto da Rapporto preliminare

Ovviamente vien da chiedersi che senso abbia costruire, spendendo decine di milioni di euro, nuovi depositi «temporanei» destinati a precoce demolizione in siti che dovranno tornare ad essere “prato verde” entro quindici-vent’anni.
A questa domanda Sogin non risponde (o risponde «chiedete al Governo», che è poi il socio unico di Sogin spa), limitandosi a ribadire la necessità di avere nuovi depositi nei siti in dismissione e ad affermare (come nell’opuscolo informativo sull’impianto Eurex di Saluggia diffuso in occasione del recente “Open gate”) che «le attività di decommissioning termineranno fra il 2028 e il 2032 […], con la data centrale più probabile come anno di fine dei lavori». Il 2030 è quindi la data prevista non per la fine della disattivazione, bensì per il raggiungimento del “brown field”, cioè del “prato marrone”: strutture demolite e materiale radioattivo ancora tutto presente nei siti attuali, accatastato nei nuovi depositi. Eppure Sogin stessa – in altri documenti – definisce il decommissioning come raggiungimento del “prato verde”:

decommissionin secondo Sogin

A Saluggia (a Trino, ecc.), invece, nel 2028-2032, «raggiunta questa fase i rifiuti radioattivi, già condizionati e stoccati nei depositi temporanei del sito, saranno pronti per essere trasferiti al Deposito Nazionale». Si badi: non trasferiti (“green field”), bensì pronti per essere trasferiti, ma sempre ancora qui (“brown field”).
Sempre che il Governo, una volta costruiti e riempiti di scorie i nuovi depositi “temporanei” nei siti attuali (che non hanno i requisiti, ecc.), senta ancora l’esigenza di realizzare un Deposito Nazionale definitivo. Visto l’andazzo, c’è poco da sperare.
Nel frattempo, comunque, chi vuol credere alla favola del Deposito Nazionale può andare a leggerla qui. Dal 2013, in Sogin, c’è addirittura un dirigente – l’ing. Fabio Chiaravalli – che ha l’incarico di “direttore della Divisione Deposito Nazionale e Parco Tecnologico”. Ma non esistono né il Deposito né il Parco, né si sa dove verranno realizzati: l’iter è fermo da due anni (questa è una slide di Sogin con gli auspici dei tempi della procedura, non rispettati)

cnapi 2

e non accenna a sbloccarsi. Finora, solo dichiarazioni senza seguito e costosissima propaganda di un prodotto che non esiste.

[nella foto, tratta dal documentario Là suta: l’ing. Davide Galli di Sogin all’interno del deposito D2 in costruzione all’Eurex di Saluggia]

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